Così muoiono le serate milanesi, nel freddo e nella pioggia, tra il miraggio del té caldo e l'incubo della sveglia, avendo l'ossessione di essere in ritardo non si sa bene per cosa. Muoiono per lenta consunzione, per stanchezza, per peggioramento delle condizioni generali, come si scrive nelle cartelle cliniche per non dire l'ovvio, perché si è costretti ad assegnare una causa a qualsiasi cosa. Si trascinano, come i miei passi, come le storie che ho troppa paura di perdere, perché, si sa, c'è sempre un'alba e una speranza, alla fine. Monicelli aveva ragione, la speranza è quella che ti frega, che ti fa vedere una strada dove palesemente c'è una palude. Qui nemmeno quella, solo pozzanghere.