Guardali, se ne stanno seduti a gambe incrociate sopra tappeti colorati e sotto un'enorme tenda, le donne in fondo con i bambini e gli uomini davanti. Ci hanno visto nella strada e ci hanno fatto cenno di entrare. Ci lasciano guardare, fotografare e alla fine ci offrono il pranzo. Loro continuano a battersi il petto e piangere per i loro martiri e ogni tanto qualcuno si interrompe, ci saluta e sorride.
Non posso fare a meno di pensare al contrasto fra la prevalenza del colore scuro in fondo dove sono sedute le donne e la macchia più chiara davanti dove stanno gli uomini.
Una bambina fuori in piazza sopra una macchinina rossa guida, parcheggia, va in retro e impenna proprio davanti ai suoi amichetti, che la guardano metà con invidia e metà con la speranza che lei conceda un giro. Ma nel quarto d'ora in cui la osservo non succede mai: la bimba continua a impennare e guidare guardandoli ben in faccia finché non la chiamano per pranzo e scompare in un cortile. Naturalmente lei scende come se fosse stata su una Ferrari e qualcuno le prende subito la macchinina e la mette a posto senza che lei debba fare nient'altro che pensare al prossimo modo di divertirsi.
Non posso fare a meno di pensare a un nuovo contrasto: la bimba spavalda e gli amichetti con lo sguardo adorante e invidioso.
Io, mi chiedi? Io sto in mezzo: sto seduta ma non in fondo e guido ma non impenno, convinta che gli estremi siano a volte parecchio istruttivi ed essendo terribilmente curiosa di provarli ma avendo paura di non sapere più come tornare indietro.