not necessarily an ordinary life

lunedì 26 aprile 2010

sex and the city/3

Premessa: immaginatemi mentre sorseggio un cosmopolitan scrivendo su un macbook in un locale di manhattan vestita con uno di quegli abiti impossibili che non donano per niente ma che addosso a me sembrano valere il loro prezzo e con sandali tacco 12 anche se fuori gela. Prendete il fiato, adesso, visto che non ci sono volutamente virgole! Vi concedo un paio di minuti, per respirare e perchè effettivamente tutta la scena richiede una certa dose di immaginazione...Tanto non preoccupatevi: è probabile che tra poco mi vada a cercare un pub dove possa guardare la partita con una pinta in mano. Ma sto divagando. Allora, riassumendo: io, mac, cosmopolitan, abito impossibile, tacchi 12. Ciak, motore, azione!

Nella società di oggi, la libertà sta nel poter dire di no oppure nel cogliere tutte le occasioni che ti si presentano non sentendosi in colpa in nessuno dei due casi?
La domanda si è presentata nella mia mente assonnata una domenica mattina. Sabato sera avevo ospitato un po' di amici per una doppia festa di compleanno. Qualcuno si sarebbe voluto trattenere un po' di più ma ha finito con l'andarsene con gli altri. Una settimana dopo, si rideva insieme. Si chiama leggerezza, libertà? Significa non saper cogliere le occasioni? Significa non avere più 20 anni, età in cui uno si butta e basta?
Considerazioni a lato, un po' più leggere:
1) ma il mio inconscio esclude a priori e fa allontanare tutti quelli che hanno un 3 come prima cifra delle candeline sulla torta di compleanno?
2) ma io mi devo fare per forza chilometri e chilometri? Le cose molto più facili non mi intrigano mai, eh?
Ok, ora immaginatemi pure mentre spengo tutto, lascio a metà il cosmopolitan e mi incammino verso il locale dei miei sogni, che esiste e sta a Boston: è un buco con un bancone a lato e non molta luce in cui suonano jazz (la serata in cui c'era anche io, il contrabbassista sembrava un irlandese, il trombettista era un nero enorme e la pianista era orientale) e c'è una piccola televisione vicino al bancone dove trasmettono la partita di hockey. Seguitemi mentre apro la porta, ordino una media rossa e mi metto comoda al bancone tamburellando con le dita il tempo e commentando la partita col barista. Camminate con me mentre torno a casa con un gran sorriso. Probabilmente, potreste chiamare leggerezza anche quel momento. (se poi avete sempre in mente il vestito impossibile e i tacchi 12, dovreste anche convenire con me che ci vuole anche una discreta dose di equilibrio...)










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Io non sono nero io non sono bianco io non sono attivo io non sono stanco io non provengo da nazione alcuna io, si, io vengo dalla luna io non sono strano io non sono pazzo io non sono vero io non sono falso io non ti porto jella né fortuna io, si, ti porto sulla luna