Oggi leggevo il numero di Diario sull'ordine. Mi ha fatto pensare a che cosa significa per me ordine: per me si è sempre identificato con il proverbio che mi diceva sempre la mia nonna: ogni cosa al suo posto, ogni posto la sua cosa. I guai iniziano quando qualcuno pensa di sapere solo lui qual è il posto giusto delle cose e a imporlo agli altri. Contrariamente a quanto si pensi, l'ordine non è mica uguale per tutti, come non lo sono tutte le classificazioni e tutti i confini. E poi, io ci penso sempre, visti da molto vicino o da molto lontano i confini svaniscono, si dissolvono, perdono di significato. Eppure sono abituata a catalogare e classificare: dare un ordine ai fenomeni e saperli incasellare è sempre stato il mio lavoro e spesso significa dar loro un senso. Però, eh però, come si fa a sapere qual è il senso giusto, qual è la classificazione migliore, qual è l'ordine corretto? accidenti, pensavo di mettere ordine e ancora una volta il concetto mi sfugge tra le dita, diventa liquido, non riesco ad afferrarlo. L'ordine? che ordine? quale ordine? i confini delle categorie non sono netti e se sono mai esistiti appena ci si avvicina o allontana si nebulizzano, si polverizzano, si spostano di continuo, si allargano, si stringono a piacere.
Ho sempre avuto un rapporto problematico con l'ordine, le categorie e i confini. Nonostante in casa mia le magliette siano rigorosamente divise per colore, i libri per argomento e altezza e i cd siano in ordine alfabetico...
1 commenti:
Se è per quello ho sempre avuto un rapporto difficile anche con gli ordini, nel senso di frasi a cui bisogna obbedire. Io sono sempre stata la classica rompiscatole che se qualcuno ordina qualcosa, per prima cosa si chiede perchè bisogna seguirlo e per seconda se per caso non c'è un modo diverso di arrivare allo stesso scopo. Questo non mi impedisce di fare quello che altri vogliono, basta che chiedano e che non ordinino.
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